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6.4 Accreditamento e qualità

Per accreditamento di un laboratorio di prova si intende il riconoscimento formale, dato da un ente terzo, quindi esterno all’organizzazione, della competenza tecnica del laboratorio nell’effettuare determinate singole prove.

La norma di riferimento è dunque la ISO/IEC 17025:2017, uno standard comprensivo di requisiti gestionali e tecnici, impiegato in tutto il mondo per conseguire l’accreditamento di prove e tarature da parte dei laboratori.

Intitolata «Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura», essa si basa sulla norma ISO 9001, della quale riflette molti aspetti riprendendo sostanzialmente i principi sintetizzati nella piramide della qualità. Comprende i metodi sviluppati dallo stesso laboratorio il quale dichiara, attraverso una procedura scritta, come eseguirà un determinato esame, anzi una determinata «prova».

L’accreditamento non deve essere confuso né con la certificazione, né con un riconoscimento di qualità esteso al laboratorio nel suo complesso.

È fondamentale la distinzione tra la certificazione e l’accreditamento. La prima fa riferimento alla norma ISO 9001 del sistema di gestione per la qualità di un laboratorio, rilasciata da un organismo di certificazione. Il secondo ai sensi della norma ISO/ IEC 17025 fa riferimento al rilascio da parte di un ente nazionale di accreditamento. La certificazione ai sensi della ISO 9001 non costituisce evidenza che il laboratorio sia in grado di fornire prove o tarature accurate e affidabili. Per esserlo, il laboratorio deve essere accreditato in conformità alla ISO/IEC 17025. La norma contiene requisiti più specifici per la competenza tecnica e l’imparzialità. Ma, come si è detto, contiene anche i requisiti per la gestione del sistema della qualità (dal sito ACCREDIA).

È per questo motivo che quei laboratori che vogliano conseguire l’accreditamento secondo la ISO/IEC 17025 si troveranno avvantaggiati se certificati ISO 9001. Tuttavia, per quanto vi siano riferimenti bidirezionali tra le due norme, soddisfare i requisiti ISO/IEC 17025 non significa soddisfare automaticamente tutti i requisiti ISO 9001.

Per l’accreditamento la norma internazionale ISO/IEC 17025 definisce i requisiti che un laboratorio deve soddisfare per dimostrare la competenza tecnica del suo personale. Richiede la disponibilità di tutte le risorse tecniche, tali da garantire dati e risultati che siano accurati e affidabili per specifiche prove, misurazioni e tarature.

L’accreditamento riguarda sia il sistema di gestione, tipico della norma ISO 9001, che quello analitico, specifico della ISO/IEC 17025. I punti cardine del ciclo della qualità consentono di tenere sotto controllo ciò che avviene nelle varie fasi di applicazione del metodo di lavoro. Questo indipendentemente dalla sua complessità.

Nella fase di progettazione verrà infatti definito il metodo di lavoro, attraverso una pianificazione e condivisione con il personale. Si preparerà in forma scritta un vero e proprio manuale d’uso che definirà e regolerà tutte le fasi del processo analitico. Il metodo dovrà poi essere validato, verificando quindi che i risultati ottenuti siano robusti, accurati e riproducibili. Dovrà sempre essere garantito il controllo del processo, verificando attraverso il monitoraggio delle attività quelle che risultino non conformi (punto norma 4.9). Qualora vi siano scostamenti si dovrà modificarlo il processo mediante azioni anche pianificate, soprattutto laddove esso abbia dimostrato di non funzionare (§ 4.12).

Per quanto riguarda i requisiti tecnici essi più direttamente determinano la correttezza e l’affidabilità delle prove e delle tarature eseguite da un laboratorio. La norma considera in modo puntuale diversi fattori sui quali si faranno alcune considerazioni riguardo al metodo di lavoro. Fattori umani, le condizioni di lavoro, il metodo usato, le apparecchiature, la presentazione dei risultati.

Il punto fondamentale della norma riguarda la misurazione dell’incertezza delle misure nella prova (punto norma 5.4.6), perché è inevitabile quando misuriamo qualcosa l’essere imprecisi. «Ricordare le limitazioni nelle nostre misurazioni manterrà la nostra onestà intellettuale, distinguendo opinioni e interpretazioni renderemo più chiare le nostre risposte per le comunità investigative e legali» [1]. Per essere certi di rispondere alla domanda «Quanto sei sicuro di questo risultato?» è quindi fondamentale conoscere tutte le fonti d’incertezza del proprio metodo di lavoro [2].

.Il termine «incertezza» talvolta può essere confuso con «errore». Quest’ultimo rappresenta la differenza tra il valore osservato e quello real e della cosa misurata, mentre l’incertezza indica la quantificazione del dubbio riguardo a un risultato di una misura. Nella scienza sappiamo bene che è semplicemente impossibile essere certi di qualcosa al 100%. Tuttavia sappiamo anche che non possiamo accontentarci di valutazioni approssimative basate sulle nostre percezioni; il Sistema 1, per quanto efficace, può farci sbagliare.

La qualità può ingannare se non è genuina

Possiamo fidarci dei nostri occhi? Certamente no, il nostro cervello genera valutazioni distorte. Dobbiamo essere consapevoli di essere soggetti a errori visivi che non possiamo eliminare in alcun modo: sapere che si tratta di un’illusione non ne compensa l’effetto. L’immagine a sinistra mostra due tavoli i cui ripiani hanno esattamente la stessa superficie. Se non ci credete prendete il righello e provate voi stessi. Dopo che lo avrete verificato, fatevi un giro, poi riaprite il libro con la consapevolezza che le superfici dei tavoli sono effettivamente identiche. Per quanto ne siate coscienti, continuerete a vederli diversi.

Gli scienziati e gli esperti sanno bene (o dovrebbero sapere) che la scienza è fallibile, perché frutto del pensiero dell’uomo, secondo il ben noto principio espresso dal filosofo austriaco Karl R. Popper (1902-1994). Secondo questa teoria «evitare l’errore è un ideale meschino: se ci confrontiamo con problemi difficili è facile che sbaglieremo». Niente di strano, dunque, nell’imbattersi in errori in percorsi lunghi e articolati che iniziano dall’acquisizione del reperto alla formulazione di un parere esperto. «L’importante è – sostiene Popper – imparare dai propri errori: l’errore individuato ed eliminato costituisce il debole segnale rosso che ci permette di venir fuori dalla caverna della nostra ignoranza».

Secondo il mio punto di vista, tra tutte le attività uno dei punti di forza del sistema è proprio evidenziare gli scostamenti nel metodo di lavoro rilevando, attraverso procedure formali che ne consentano la puntuale tracciabilità, le non-conformità. Quest’ultime forniscono infatti quel feed back rapido che consente di mantenere sotto controllo l’intero processo analitico e permette a chi lavora in qualità di essere in equilibrio, calibrato, come si diceva per i meteorologi che hanno imparato a fare bene le previsioni del tempo. Mantenere un elevato standard qualitativo è certamente difficile. Rilevare attività non-conformi e dunque intraprendere azioni correttive (punto norma 4.11), necessarie per riportare la qualità finale delle attività nella direzione dell’eccellenza, è certamente uno stimolo a operare al meglio.

Nell’ordinaria attività di un laboratorio è infatti perfettamente normale che possano verificarsi deviazioni inattese e anche errori. Si dovrebbero guardare con sospetto coloro che sostengono di non sbagliare mai e diffidare dei laboratori che abbiano rilevato nel loro sistema qualità un basso numero di attività non conformi o non ne abbiano rilevate affatto. Per dirla con le parole forti di un toscanaccio doc, «fra gli errori ci sono quelli che puzzano di fogna e quelli che odorano di bucato» (Indro Montanelli).

Quello dell’infallibilità di qualunque laboratorio, come del resto dell’esperto, è dunque un mito inesistente [3]] La differenza tra un laboratorio che operi in conformità all’accreditamento e uno che lo paventa soltanto è che il primo è in grado di gestire i propri errori, il secondo no. Tale è l’importanza di questa attività di autocontrollo che organizzazioni di vertice pubblicano annualmente il numero e il tipo di non-conformità emerse nel proprio laboratorio [4].

All’opposto, l’accreditamento non è, di per sé, garanzia che quel laboratorio o quell’esperto che vi lavori produca sempre risultati corretti, come testimoniato da episodi della cronaca internazionale.

Il valore dei controlli applicati in sede di valutazione della prova, e in particolare il ruolo del consulente di parte anche nelle fasi analitiche, resta quindi immutato anche quando gli accertamenti siano effettuati in strutture accreditate.


[1] J. Salyards, Estimating the uncertainty, in Forensic Magazine (2008)Feb/Mar, 42-44; htpp://www.forensicmag.com/article/estimating-uncertainty (accesso verificato 13-03-2016).

[2] Esistono delle linee guida pubblicate da EURACHEM nel 2012 e disponibili online al sito https://www.eurachem.org/index.php/publications/guides/quam. EURACHEM è un consorzio di organizzazioni europee che si prefigge l’obiettivo di stabilire un sistema per la tracciabilità internazionale delle misure chimiche promuovendo le buone pratiche di qualità. Cf. J. Wallace, Ten methods for calculating the uncertainty of measurement, in Science & Justice (2010)50, 182-186.

[3] W.C. Thompson, The myth of infallibility, in K. Sheldon – J. Kruber (edd.), Genetics explanations: sense and nonsense, Harvard University Press 2013, 227-255.

[4] A. Kloosterman et al., Error rates in forensic DNA analysis: definition, numbers, impact and communication, in Forensic Sci Int Genet (2014)12, 77-85.

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