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2.6 I criteri di scelta del consulente e del perito

Per determinare chi è esperto c’è bisogno di un esperto.

Aaron Haspel

Presso ogni tribunale sono istituiti appositi albi ai quali i professionisti chiedono l’iscrizione. Da qui il giudice, ma anche il difensore, può scegliere propri ausiliari, detti anche consulenti tecnici d’ufficio (C.T.U.). Tali elenchi sono suddivisi per categorie, al fine di agevolare la scelta in base alle professioni. L’iscrizione presuppone un vero e proprio iter amministrativo che, almeno in origine, doveva servire a offrire garanzie rispetto alla condotta morale specchiata dell’iscritto e alle sue reali capacità di assolvere l’incarico affidato.

Nella realtà tale requisito, pur conservando una propria importanza, specialmente dal punto di vista dell’iscritto che lo può utilizzare come titolo di prestigio nel proprio curriculum, ha perso progressivamente la propria valenza quale criterio di scelta del magistrato, anche se questo dipende molto dai vari tribunali.

Taluni riportano che spesso i giudici omettono il necessario accertamento sulle competenze e capacità scientifiche dell’esperto, limitandosi ad accertare soltanto l’esistenza della specializzazione, qualora si tratti di casi di particolare complessità per i quali sarebbe invece necessario che l’esperto nominato vantasse una qualificata competenza, dedotta dalle esperienze pregresse di natura professionale, didattica, giudiziaria, ecc., dalle sue pubblicazioni su riviste autorevoli, dalle citazioni dei suoi scritti in studi qualificati [1].

Si tratta, tuttavia, di un accertamento ben difficile da effettuare in concreto, perché estremamente varie possono essere le esperienze dei possibili esperti. Ovviamente la «competenza professionale» dell’esperto è un elemento imprescindibile, ma il termine è vago, difficile cioè da qualificare con precisione [2].

Per quanto riguarda le «pregresse esperienze di natura professionale», certamente la partecipazione in qualità di consulente ad altri processi può essere un’indicazione. Verrebbe però da chiedersi qual è stato il comportamento processuale tenuto dall’esperto. Una raccomandazione della Società europea di genetica forense indica, come qualificazione necessaria per effettuare paternità, l’aver eseguito almeno 100 prove di questo tipo. Si tratta però di un requisito specifico relativo alla norma ISO/IEC 17025 credo comunque disapplicato nella realtà [3].

Per quanto riguarda le «esperienze didattiche e qualifiche accademiche» va rilevato come nell’università italiana non esista un percorso accademico per lauree in criminalistica. Tra queste discipline quali la dattiloscopia, la balistica, la genetica forense. All’interno di alcune facoltà sono attivati dei corsi, in particolare sul DNA forense, e dei master universitari di primo e secondo livello.

Per un giovane laureato è quindi difficile vantare una specifica qualificazione accademica in singole materie della criminalistica, e lo stesso per un docente che insegni in questi contesti; non a caso egli non potrà vantare il titolo di professore[4]. D’altra parte, il titolo accademico e la specializzazione in medicina legale, anatomia patologica, in genetica medica o discipline affini, non indicano capacità in specifici settori della criminalistica; all’opposto, l’assenza di titoli accademici non significa che manchino tali abilità [5].

Per trovare abilitazioni specifiche si deve cercare nei corsi abilitanti, tenuti però esclusivamente per il proprio personale, dalle Forze di polizia, per esempio per esperto di sopralluogo e dattiloscopista. Cosicché effettivamente queste persone potranno vantare quelle «esperienze giudiziarie» a cui gli autori si riferiscono. Altro elemento di qualificazione sono le «pubblicazioni su riviste qualificate», quelle sottoposte al processo di peer review [6], presenti sui database quali Scopus e PubMed.

Varie società scientifiche e ordini professionali hanno tentato e costantemente riprovano a creare elenchi. Viene rilasciata una sorta di qualificazione dedicata ad personam per i consulenti, con lo scopo dichiarato di fornire alla magistratura esperti autentici. Pare che anche questa non sia una soluzione, perché il problema è sempre lo stesso. Come diceva già Giovenale (50-140 d.C.) nelle sue Satire: «Quis custodiet ipsos custodes? (Chi sorveglierà i sorveglianti?)».

Nella mia personale esperienza devo riconoscere l’importanza del rapporto fiduciario con il magistrato, specialmente nella fase delle indagini preliminari, quando il pubblico ministero si trova a effettuare quegli accertamenti ripetibili ai sensi dell’art. 359 c.p.p. che gli consentono di svolgere indagini rapide e mirate.

È una previsione, quella della possibilità di scelta autonoma del magistrato, che trova diversi richiami in giurisprudenza. Non c’è alcun obbligo per il giudice nell’attingere dall’albo dei consulenti [7], anche se questo può esporlo a critiche. Egli dovrebbe infatti garantire una certa rotazione tra esperti nei conferimenti degli incarichi.

È un rapporto in realtà bidirezionale, nel senso che se è vero che il pubblico ministero accerta nei fatti le capacità del proprio esperto, anche quest’ultimo, il consulente appunto, comprende la serietà e professionalità del magistrato.

Ritornando alle qualificazioni necessarie, se veramente fosse necessaria una sommatoria di tutte queste caratteristiche, è evidente che l’attività di consulente sarebbe preclusa ai giovani consulenti. Questi dunque troverebbero molte difficoltà ad affermarsi in questi territori, a discapito della effettiva necessità dell’introduzione di menti giovani e brillanti che assicurino un ricambio generazionale.

Credo in ogni caso che sia propedeutico, prima di assumere l’onere di effettuare accertamenti forensi, fare un po’ di gavetta, come si faceva nei vecchi mestieri di una volta. Si «frequentava la bottega» dell’artigiano, imparando il mestiere giorno dopo giorno.

Certamente occorre una buona dose di tenacia a quei giovani che vorranno indirizzare il loro percorso di studi nell’ambito della criminalistica, per poi sedere sul banco dei testimoni per riportare l’esito dei loro esami. Tra tutte, certamente questa è una dote indispensabile.


[1] Cf. C. Brusco, La valutazione della prova scientifica, in Dossier La prova scientifica nel processo penale, allegato di Dir. pen. proc. (2008)6, 23-28; C. Conti, Iudex peritus perito rum e ruolo degli esperti nel processo penale, in Dossier La prova scientifica nel processo penale, allegato di Dir. pen. proc. (2008)6, 29-37.

[2] F. De Stefano et al., La scelta dei consulenti e dei periti per gli accertamenti genetico-forensi, in Rivista It. Med. Legale anno XXXVIII (2016)1, 285-294.

[3] N. Morling et al., Paternity Testing Commission of the International Society of Forensic Genetics. Recommendations on genetic investigations in paternity cases, in Int J Legal Med (2003)117, 51-61.

[4] Il codice deontologico del biologo riporta, per esempio, all’art. 5, comma 3: «Il bio logo può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia professore ordinario o associato all’interno del sistema universitario italiano o straniero ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, oppure se sia professore di ruolo in istituti secondari di primo e secondo grado».

[5] Un esempio è la specializzazione di dattiloscopista, di coloro che si occupano della classificazione delle impronte digitali e dei relativi confronti. Questi professionisti vengono formati esclusivamente in corsi di specializzazione all’interno dei settori specialistici delle Forze dell’ordine e gran parte della loro abilità deriva dagli anni di esperienza accumulata nel lavoro quotidiano. Probabilmente non si troveranno molti laureati tra questi professionisti, ma ancora più improbabile è trovare accademici con la loro abilità!

[6] Letteralmente «revisione dei pari». Si tratta della procedura, internazionalmente diffusa nella comunità scientifica, con cui i lavori scientifici vengono sottoposti a un giudizio di validità formulato da una commissione di esperti del medesimo settore disciplinare.

[7] M. Rossetti, La figura e l’attività del CTU nel processo civile, Giuffrè, Milano 2001.