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3.2 Le Banche dati del DNA

La normativa sulle Banche dati del DNA ha cercato di disciplinare una materia in realtà piuttosto complessa, quella della genetica forense. Si è cercato di trovare un equilibrio tra le esigenze di sicurezza pubblica e quelle della tutela della privacy.

Con la legge 85/2009 l’Italia esaudì l’immediata necessità di adesione al trattato di Prüm. Teso al rafforzamento della cooperazione transfrontaliera, al contrasto ai fenomeni del terrorismo, dell’immigrazione illegale, della criminalità internazionale e transnazionale. Il trattato, concluso il 27-05-2005 tra Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria, impegnava le parti contraenti a creare archivi nazionali. Di profili del DNA, scambiando informazioni di dati dattiloscopici e a quelli presenti negli archivi informatizzati dei registri di immatricolazione dei veicoli.

Le basi del modello della Banca dati italiana erano delineate, nonostante la dottrina avesse da subito evidenziato lacune e carenze, ma si è trattato di un passaggio necessario tra diverse esigenze [1].

Si è però dovuto attendere ancora sette anni perché il regolamento attuativo, accuratamente predisposto nei suoi molteplici aspetti applicativi, consentisse effettivamente l’avvio della Banca dati. In questo modo anche l’Italia, come il resto dei Paesi europei, si è dotata di uno strumento adeguato per l’attività investigativa. Ma anche per l’identificazione delle persone scomparse. 

Il decreto n. 87 del 7-04-2016 relativo alle disposizioni d’attuazione, dà così piena attuazione a una normativa ormai attesa da molto tempo. Complessivamente, da vent’anni, se si parte dal momento dell’interruzione della possibilità di procedere a prelievi coattivi sancita dalla Corte Costituzionale nel 1996, con la dichiarazione d’incostituzionalità dell’art 224 c.p.p.

Il testo normativo appare sostanzialmente ben strutturato, anche se si dovranno attendere i risvolti nella pratica quotidiana per saggiarne eventuali criticità. Argomenti sui quali il giur[]ista propone per adesso commenti destinati comunque a un dibattito più ampio [2].

Quello che è nuovo, però, è che il legislatore ha fatto riferimento nella legge, e poi soprattutto nel regolamento, a una specifica norma di Qualità. Nel tentativo di sanare controversie che spesso si incontrano tra scienza e diritto, creando un percorso qualificante dell’evidenza genetica, prima dell’introduzione nel processo [3].

Il fatto che banche dati di Paesi diversi possano scambiare informazioni ed effettuare riscontri tra profili genetici è una grande novità. Utilizzando un identico linguaggio intelligibile, ciò agevola la rapida risoluzione di crimini efferati, evitando errori pregiudizievoli. Tra scienziati è comune usare standard condiviso per classificare il DNA. Anche il fatto che siano poche sono le compagnie commerciali che distribuiscono kit forensi, con tipologie simili riguardo al tipo di marcatori.

Uno sguardo all’estero

Tutte le nazioni europee hanno istituito un’apposita legge e attivato una Banca dati del DNA, ciascuna con normative diversificate [4]. L’Italia era restata l’ultima: a voler essere positivi si può affermare che così ha imparato dagli altri, dotandosi della legge migliore!

Molto spesso è accaduto che siano stati episodi criminosi particolarmente efferati a convincere i legislatori a emanare leggi specifiche in tal senso. In Belgio, per esempio, dopo il caso Dutroux [5] il Ministero diede immediatamente il proprio benestare. Si era trattato di un caso nel quale alcune bambine erano state uccise dopo violenze inaudite. In Germania fu l’omicidio di una undicenne, avvenuto nel 1998 nel Nord del Paese, a dare l’impulso. Fu rapidamente emanata una legge specifica per le analisi del DNA nei casi criminali e che autorizzò la costruzione di un database forense. Nell’ambito della ricerca del colpevole le Forze dell’ordine proposero in quel caso a 18.000 uomini un test volontario del DNA. Di questi, ben 12.000 acconsentirono e i profili del DNA servirono a scagionare un gran numero di sospettati per quel delitto [6].

Banca Dati del DNA

A fronte di questa notizia, l’atteggiamento pragmatico del Regno Unito, conosciuto per avere una normativa che consente di acquisire profili da una vasta tipologia di persone con pochissime restrizioni, impallidisce. Qui l’atteggiamento della popolazione è infatti tollerante. Riguardo alle attività preventive e di routine. Durante le investigazioni criminali, vengono effettuati DNA sweeps, cioè raccolte di DNA da molti individui coinvolti a vario titolo nella vicenda.

Anche per questo il National DNA Data Bank (NDNAD) è il database che è cresciuto più velocemente. Oltre a essere stato il primo al mondo a essere istituito, nel lontano 1995. Già nel 1997 nel database britannico erano presenti 2.000 profili, nel 1998 si arrivò a 105.000 e nel 1999 si è superata la cifra di 600.000. A dicembre 2014 quel database contiene ben 4.576.561 profili tra persone arrestate, sospettate e condannate, Questo su una popolazione di 53.700.000 abitanti quanti ne contano Inghilterra e Galles.

Le banche dati extra europee

Il fatto che le Banche dati funzionino per facilitare il lavoro degli inquirenti e della polizia è dimostrato dall’incremento del loro utilizzo e dalla necessità di alimentarle.

Per esempio, il Kuwait è l’unico Paese al mondo che ha deciso di prelevare il DNA a tutti i propri cittadini. Si parla di circa 3,3 milioni di persone, creando allo scopo un fondo di emergenza di circa 360 milioni di euro per finanziare l’iniziativa [7]. Il Parlamento, su richiesta del governo, ha infatti approvato una legge contro il terrorismo. E’ imposto a tutti i cittadini che abitano nel Paese, ma anche agli stranieri che vi transitano, di sottoporsi al test del DNA.

La legge prevede un anno di carcere e una multa fino a 272.000 euro per chi rifiuterà di sottomettersi al test. La misura nacque dopo l’attentato suicida del 26-06-2015 contro una moschea sciita, rivendicato dal gruppo Stato islamico, che causò 26 morti e 277 feriti.

Anche la banca dati americana è cresciuta in maniera enorme. Il National DNA Index (NDIS) contiene al novembre 2015 più di 12.069.150 profili, tra cui 2.173.094 di arrestati e 668.285 da casi giudiziari. Il successo del programma CODIS (acronimo di Combined DNA Index System) è misurato dal numero di crimini che il DNA ha contribuito a risolvere negli anni. A questa data sono stati prodotti più di 311.248 associazioni tra campione e sospettato, in più di 299.130 casi giudiziari [9].

A seconda delle nazioni cambiano i criteri d’accesso. Sia per i sospetti e per i condannati con sentenza passata in giudicato che per i profili dai campioni forensi. Diversi sono anche i criteri per la cancellazione dei profili dalla banca dati e per la gestione dei reperti biologici.

Per esempio, in Francia l’inserimento dei profili di persone condannate avviene solo per specifici reati. Tali dati sono conservati per 40 anni o quando la persona raggiunge gli 80 anni di età. In Gran Bretagna praticamente tutte le persone arrestate possono essere sottoposte a prelievo e determinazione del profilo genetico. E’ discrezione dell’organo di polizia che effettua l’arresto; i profili vengono mantenuti indefinitamente.

Tuttavia recentemente con il Protection of Freedom Act 2012 anche l’Inghilterra sembra volersi allineare ad altri Paesi europei. Portogallo, Spagna, Belgio, Germania, Svizzera e Norvegia prevedono l’immediata distruzione del campione biologico a seguito delle analisi necessarie a ricavare il profilo genetico, con eccezioni per particolari ragioni processuali. Una dettagliata rassegna delle normative attualmente in vigore è comunque consultabile online [9].

Dall’esperienza internazionale e dai dati disponibili dall’ENFSI, si è visto l’utilità del sistema nella sua globalità. L’impiego di un sistema unico e attivo di archiviazione dei profili DNA ha condotto all’identificazione di un numero elevato di soggetti autori di reato. Nel Regno Unito 45%, nei Paesi Bassi 23%, nella Repubblica Federale Tedesca 17%. Non vi è alcun dubbio sul fatto che l’attivazione della Banca dati del DNA sta già portando il nostro Paese a risolvere un grande numero di reati grazie al test genetico. Stiamo sperimentando nella pratica ciò che è già successo negli Stati membri che utilizzano questo strumento. Incrementa il potere di identificazione degli autori di reati, soprattutto quelli a carattere seriale. Furti, rapine, violenze sessuali, possono essere associate agli autori. Sta avvenendo qualcosa di molto simile a ciò che si vide all’indomani dell’attivazione del sistema AFIS per le impronte digitali.


[1] P. Tonini, Informazioni genetiche e processo penale ad un anno dalla legge, in Dir. Pen. Proc. (2010), 883 ss.

[2] P. Felicioni, Il regolamento di attuazione della Banca dati nazionale del DNA: scienza e diritto si incontrano, in Diritto penale e processo (2016), 6.

[3] Cf. P. Tonini, Accertamento del fatto e informazioni genetiche: un difficile bilanciamento, in Diritto penale e processo, Speciale Banche dati (2009)2, 3-5.

[4] http://www.enfsi.eu/sites/default/files/documents/enfsi_report_on_dna_legislation_in_europe_0.pdf (accesso verificato 17-04-2016).

[5] http://www.repubblica.it/online/fatti/marcinelle/ritratto/ritratto.html (accesso veri fi cato 24-04-2016).

[6] Cf. A. Farkas, Caccia al killer. Test del DNA a tutto il paese, in Corriere della Sera 11-01-2005.

[7] http://europe.newsweek.com/kuwait-becomes-first-country-world-collect-dnasamples-all-citizens-and-449830?rm=eu

[8] http://www.fbi.gov/about-us/lab/codis/ndis-statistics

[9] http://www.enfsi.eu/sites/default/files/documents/enfsi_report_on_dna_legislation_in_europe_0.pdf (accesso verificato 17-04-2016).